L'interno colpisce per l'altezza dell'unica navata a volta e per la sobrietà dell'ornamentazione barocca.
L'imponente «retablo» dell'altare maggiore avvia il suo slancio da quattro candidi plinti marmorei dai quali balzano quattro alte colonne abbinate corinzie, in rosso veronese, che sostengono elementi di trabeazione spezzata e, mentre terminano lo spazio inferiore, costruiscono il basamento per le due statue simboliche della Fede e della Carità, sostenendo pure il frontone ornato di putti, al quale aderisce il cartiglio dedicatorio.
Il tabernacolo e il paliotto della mensa sono di marmi policromi. Le pareti a destra e a sinistra del presbiterio sono ornate da due grandi tavole lignee con gli Evangelisti Matteo e Marco, attribuite - e forse non a torto – alla scuola di Giulio Romano. Con un doveroso restauro leggeremmo più chiaramente le non comuni qualità. Nei due altari laterali, ornati di stemmi gentilizi, ammiriamo l'accurata esecuzione degli intarsi marmorei di elegante disegno arabescato.
(clicca per la vista dall'altare)
EVANGELISTA MARCO (ALLA SINISTRA DELL'ALTARE)
EVANGELISTA MATTEO (ALLA DESTRA DELL'ALTARE)
LA LAPIDE DELLA FONDAZIONE IN ITALIANO (lato destro del portale).
(lapide in latino lato sinistro del portale)
La pala d'altare raffigurante San Sebastiano è appartiene al Maestro Mattia Traverso (nato a Genova il 6 settembre 1885 e morto a Quinto al mare il 14 dicembre 1956). Il dipinto sostituisce la pala precedente, dopo le depredazioni dell'ultima guerra. La composizione, sia per l'ambiente che circonda il Santo, sia per la sua poderosa figura, è caratteristicamente intrisa di neo-antichismo, decorativo e monumentale. In altri termini il pittore ha riportato le sue esperienze decorative murali, riecheggianti l'ultimo battito della scuola genovese del grande affresco, traducendole e modernizzandole opportunamente con l'ariosità della composizione, il vigore disegnativo e la luminosità del cromatismo. L'originalità della composizione figurativa deriva dell'ambito della scena del martirio che avviene nell'intercolonnio di un grande tempio circolare. In proposito è qui avanzata l'ipotesi che l'artista si sia ispirato, sia pur con poche varianti, all'interno monoptero circolare, a colonne d'ordine dorico, del Pantheon dei genovesi illustri, che sovrasta la ben nota necropoli di Staglieno, certamente lungamente osservato ed apprezzato dal Traverso. Anche il collocamento del Santo, al limite del vano arcuato, può esser stato suggerito dall'analogo collocamento della statua del Puget, raffigurante appunto San Sebastiano, al limite del vano arcuato di un nicchione della basilica alessandriana di S. M. Assunta, sul colle Carignano a Genova.
Indipendentemente da questi richiami la figura di San Sebastiano livornese è ammirevole: sia per la conduzione anatomica, casta e possente, sia per la resa spirituale, serena e convincente, non che per il risalto dato dalla "corona" di mani angeliche in movimento. In basso giacciono le cose terrene: la lorica, le vesti e la grossa lancia controluce, che accentua ed assomma le punte laceranti delle frecce. In alto si levano le cose celestiali: la palma, l'aureola e la marcata estasi del volto, che accentua e ed assomma le gioie liberatorie dell'anima.
LA PALA DI ALTARE DEDICATA A SAN SEBASTIANO
Ancora un dipinto di del Maestro Mattia Traverso, impegnato a risolvere il tema della Sacra Famiglia, composta da Gesù adolescente, dalla Madonna filatrice e da San Giuseppe lavoratore. Tutti i volti dei sacri personaggi sono pervasi da molta dolcezza. Specialmente quello del giovanissimo Gesù è risolto con magistero della positura del sotto in sù, per l'atto di porgere con amore l'acqua fresca al santo falegname, assetato e riconoscente. Il giglio, quasi centrale, scocca una nota acuta e piacevole nella scala dei singoli colori.
LA SACRA FAMIGLIA DI MATTIA TRAVERSO
Altra opera del Maestro Mattia Traverso è la grande tela di Sant'Antonio Maria Zaccaria, fondatore dell'ordine dei Chierici Regolari di San Paolo, altrimenti detto dei Barnabiti. Il Santo è ritratto sui gradini dell'altare, in adorazione ed investito dalla fonte luminosa e soprannaturale che si sprigiona dall'Ostensorio. Un certo particolareggiare disegnativo e pittorico: i galloni del palliotto, i merletti della tovaglia, la stola ondeggiante del Santo, non guastano, anzi contribuiscono al realismo ed al naturalismo della rappresentazione, anche accentuata dalle espressioni di stupore e di meraviglia dei visi dei differenti spettatori del miracolo. In entrambe le pale la prospettiva è corretta, il disegno è sciolto, le figure sono ben distribuite ed il colore è steso armoniosamente. Non è certamente questa la sede idonea per stabilire una graduatoria tra le tre pale d'altare del Traverso e pertanto, ci limiteremo ad affermare che i tre dipinti religiosi della nostra chiesa parrocchiale, rappresentano una buona ed importante tessera dell'ampio mosaico figurativo e cromatico, steso dall'artista in onore di Dio, della Madonna e dei Santi.
IL DIPINTO DI ANTONIO MARIA ZACCARIA DEL TRAVERSO
Il bassorilievo dell' Annunziata di Giovanni Duprè rappresenta l'opera a più alto valore artistico presente nella chiesa. Esso è stato ideato per abbellire ulteriormente la chiesa di S. Sebastiano e per riempire il vuoto che sta va sopra l'inferriata della parete esterna della cappella della Madonna di Loreto. Questo era un ulteriore aggancio ideale alla Santa Casa di Loreto, ove lo stesso mistero è scolpito da Giacomo Tatti detto il Sansovino. Felice è stata la scelta dell'artista Giovanni Duprè, il più celebre tra gli scultori contemporanei. Il merito è del livornese Salvatore Bandini che, dopo aver sostenuto gran parte delle spese per il restauro totale della Chiesa nel 1879, volle commissionare il nuovo bassorilievo, lasciando all'artista il tempo per una autentica e pregiata opera d'arte.
Lo scultore accettò volentieri la commissione, in omaggio ai ricordi personali di Livorno, dove, come narra nei suoi «Ricordi», ricuperò, nella sua prima giovinezza. la salute, e dove fece le sue prime sculture in legno. E intanto Livorno possiede oggi questo stupendo bassorilievo, opera della piena maturità, assieme alle due sculture in legno, eseguite negli anni giovanili per il teatro Rossini. Anche la figlia del Duprè, Amalia, a sua volta apprezzata scultrice, legò la sua opera e il suo nome alla nostra città. Suo è il busto marmoreo del teologo francescano Padre Alessandro Baroni, livornese, scolpito nel 1887 e collocato sulla tomba del religioso nel cimitero della Misericordia.
Guardando il bassorilievo dell'Annunziata, si prova una diffusa sensazione di armonia, di leggerezza e di purezza angelica. L'artista ha voluto trasfondere nel marmo tutta la sua maestria, pietà e fede. Il soggetto rappresentato è tra i più noti e poetici del Vangelo: l'Annuncio dell'Arcangelo Gabriele a Maria SS. dell' Incarnazione del Verbo. È Dio che sta per volgersi misericordiosamente alla terra, all'umanità peccatrice, stendendo la mano del perdono e della riconciliazione, venendo anzi ad abitarvi umanamente, per perdonare. Maria SS., nuova Eva, Eva di salvezza come l'altra fu di perdizione, rappresenta l'umanità che in Lei risponderà a quel divino gesto di perdono col «fiat» della perfetta obbedienza, riparatore della iniziale disobbedienza.
Il Duprè sembra che abbia voluto illustrare la parte conclusiva dell'evento, cioè quando l'Angelo conclude il suo discorso appellandosi all'onnipotenza divina, e la Vergine risponde con il rassegnarsi alle auguste parole di lui. Con questa ispirazione l'artista ha posto l'Angelo in ginocchio, mentre con la destra porge con fermezza il giglio, simbolo del permanere della verginità, col gesto della sinistra, levata in alto con l'indice puntato verso la colomba dello Spirito Santo, accompagna le parole: «Lo Spirito Santo verrà sopra di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà» rivolte alla Vergine che, posando la mano sinistra sul petto, dice: «Ecco l'ancella del Signore» e col distendere l’altra mano verso l'Angelo esprime il «Sia fatto di me secondo la tua parola». Quindi l'apparizione della colomba raggiante testimonia che il mistero si compie per virtù dell'Altissimo. L'angelo ha un bel volto sereno, ma deciso. Le ali sono in posizione di riposo, ma tutta la bella figura è pervasa da un certo dinamismo, rivelato soprattutto dalla posizione delle braccia e dal morbido panneggio, che esprime una santa premura e gioia per l'eccelsa missione.
Il ricco e naturale ripiegamento delle vesti delle due figure è trattato con perfetta tecnica disegnativa e plastica, da rendere la durezza del marmo sorprendente mente sinuosa e flessibile, come un fino tessuto. Ma ancora più felice è stata la posa scelta per la Vergine Santissima. Il Duprè ha scolpito la Vergine seduta su una sedia in perfetto raccoglimento, ma l'ha intesa e immaginata, l’ha sentita in un atteggiamento veramente degno di Lei: gli occhi divinamente calati, la testa dolcemente inchinata, il piegamento dignitoso delle spalle, il delicato e celestiale contegno di tutta la persona richiamano le immagini più spirituali dell'Angelico. La Vergine è bella, umile, casta, contemplativa, celeste: è il tipo della perfezione femminile, che si offre all'opera della divina paternità. È una scultura per natura di carattere sacro, opera di un artista che sente la Fede, assapora i conforti della pietà e della Rivelazione. Solo la Fede può far produrre sculture così. Poco sopra sinistra si vede come sopra il bassorilievo di Giovanni Dupré una finestrella rettangolare comunica con la Cappella di Loreto (clicca sull'immagine in basso per ingrandire).
IL BASSORILIEVO DI GIOVANNI DUPRÈ
La statua in legno colorato di S. Sebastiano che si può ammirare in sacrestia è la testimonianza di cinque secoli di culto livornese al Santo protettore degli appestati. La statua è opera di scuola fiorentina. Il Santo è ritratto in una figura molto giovanile, graziosa e serena. Il corpo è segnato e trafitto in più parti non vitali da frecce monche. Le braccia sono legate dietro la schiena a un tronco d'albero. Il volto e lo sguardo sono protesi lievemente verso l'alto, verso il Martire Maestro per eccellenza.
Questa statua ha una sua storia. Nel 1479 i livornesi, colpiti ancora una volta dalla peste, invocano la protezione del santo Patrono degli appestati, S. Sebastiano e promettono, quando è possibile, di dedicargli una chiesa. La promessa viene trasformata in voto ufficialmente dal Magistrato della Comunità con deliberazione del 30 giugno 1479, con la quale si stabilisce anche di onorare il Santo celebrandone la festa il 20 gennaio di ogni anno, con una solenne processione alla quale partecipa, con i maggiorenti, l'intera popolazione, che allora ammontava a circa un migliaio di persone. Devono passare sei anni perché il voto venga, almeno parzialmente, adempiuto. Ciò accade nel 1485, per lo scampato pericolo di una invasione di genovesi che dal mare avevano assediato il «Castello» di Livorno. Si decide così di dedicare al Santo un altare nella Pieve di Santa Maria e Giulia, allora retta dal Pievano dottor Pandolfo Medici. Una statua lignea del Santo di scuola fiorentina viene collocata all'altare e, ogni anno, portata in processione nelle strade del Castello.
Demolita nel 1521 la Pieve di Santa Maria e Giulia, la statua di S. Sebastiano viene trasferita nella vicina chiesa di S. Giovanni Battista, officiata dai PP. Agostiniani cui d'ora in avanti spetta il compito di organizzare festa e processione del Santo.
In merito a tale statua lignea le fonti storiche dissentono, osserva il giornalista Aldo Chidini, fiorentino, ma livornese di nascita, che recentemente ha approfondito la questione. Da alcuni si sostiene che un secolo dopo, quando si restaurò e ingrandì la chiesa di San Giovanni Battista, la statua sia passata nella chiesa di Santa Giulia e dalla sua confraternita portata annualmente in processione fino a che, costruita la chiesa dedicata a S. Sebastiano, sarebbe stata consegnata in custodia ai PP. Barnabiti, addetti a tale nuova chiesa, riservandosene però la proprietà.
Altra fonte afferma che tale statua lignea si trova ancora nella chiesa di San Giovanni Battista e che una disputa si accese tra i Padri Agostiniani di San Giovanni e la Confraternita di Santa Giulia in merito al diritto di organizzare l'annuale processione. Sembra infatti che un'altra statua del Santo, con lo stemma della Confraternita alla base, fosse stata consegnata da Santa Giulia alla chiesa dei PP. Barnabiti e che con questa si intendesse effettuare la festa annuale.
Una delibera Comunitativa del tempo invece dice «... addì 16 agosto 1633... domattina Gonfaloniere ed Anziani, donano una statua e figura di San Sebastiano da collocarsi nella chiesa votiva di detto Santo». Tale data, è noto, è quella della inaugurazione della chiesa stessa. È la stessa statua o è un'altra? A dirimere la controversia si ricorse fino in Vaticano e la Congregazione dei Regolari, stabilito il 17 dicembre 1633 il «nihil innovetur», precisò che la processione si doveva fare con l'antica statua della chiesa degli Agostiniani, senza obbligo di spesa alcuna da parte loro e che la statua fosse ornata di mortella ed altri fregi dalla Confraternita della chiesa di Santa Giulia. Quindi quell'anno la processione si svolse partendo dalla chiesa della via Maestra, raggiunta la chiesa del Santo titolare, presso il Mulino a vento, si celebrò la Messa solenne e quindi la venerata statua fece ritorno, sempre in processione, alla chiesa degli Agostiniani.
Oggi si possono vedere le due statue di S. Sebastiano nelle rispettive chiese. Una statua è situata in una nicchia a sinistra dell'altare maggiore nella chiesa di S. Giovanni Battista. L'altra statua di S. Sebastiano, in legno colorato, è posta nella sacrestia dell'omonima chiesa.
LA STATUA LIGNEA DI SAN SEBASTIANO
La cappellina posta sulla sinistra della navata centrale è dedicata al Cristo in croce. Si può ammirare, infatti, il crocifisso ligneo del 1643 (foto a fianco), che un ignoto autore ha raffigurato come «Christus triumphans» di tipo bizantino, ornato di corona regale, con i piedi separati trafitti da chiodi fiancheggiato da due colonne spiralate di marmo nero. Sul lato destro è posta una lapide a memoria dei Caduti dell'aeronautica, posta nel 1970.
LA LAPIDE AI CADUTI DELL'AERONAUTICA
Nella stessa cappellina è presente un dipinto di Laura di Gregorio di S. Elia che ritrae Niccolò Stenone (Niels Stensen nato a Copenaghen in Danimarca l'11 gennaio 1638 e morto a Schwerin in Germania il 5 dicembre 1686, proclamato Beato da Giovanni Paolo II il 23 ottobre 1988). Per approfondimenti sull'importante figura del Beato Stenone cliccare qui...