PADRE GIOVANNI CALDIROLI
P. Giovanni Caldiroli nacque a Castellanza (provincia di Varese) il 29 giugno 1928, in una famiglia di sei figli. Frequentò fin da piccolo la parrocchia esercitando l’ufficio di chierichetto e entrando poi nelle file dell’Azione Cattolica. Fece la professione solenne, a Monza il 7 ottobre 1952, ricevuta dal rev.mo P. Clerici, Superiore generale, mentre accedeva ai vari Ordini minori e maggiori, fino al sacerdozio: venne ordinato sacerdote il 9 aprile 1955 da Mons. Carlo Confalonieri. Prima di trasferirsi a Livorno, tra il 1976 e il 1985 fu rettore del Collegio alla Querce di Firenze, dopo esserne stato alunno prima e prefetto dopo. Forse per questo era molto legato ai più giovani e riponeva in loro grandi speranze. Chi lo ha conosciuto può testimoniare la sua determinazione e caparbietà nel perseguire i suoi obiettivi con quei suoi modi gentili, ma fermi, di porsi verso il prossimo. Amorevole con i bambini, ironico e stimolante con i giovani e gli adulti. Molti ricordano quando, ancora in salute, simulando stizza nello sguardo e aggrottando le ciglia diceva: «comportati bene, altrimenti avrai quel che meriti, una bastonata in testa!». Racconta l’organista che, la domenica, poco prima della Messa delle undici, passava davanti alla consolle dell’organo per dirigersi verso il confessionale. Volgendo a lui lo sguardo diceva con tono scherzosamente burbero: «suona bene questa volta!», non mancando mai, tornando in sagrestia a fine Messa, di ringraziarlo per le belle musiche eseguite.
Molti ex studenti lo cercavano attraverso il sito web parrocchiale, avendo perso ogni contatto dopo il trasferimento a Livorno: nei messaggi lo salutavano e lo ringraziavano per l’affetto e gli insegnamenti ricevuti. Anche dopo la sua morte sono arrivati messaggi. Uno tra questi scrive: «Era un frate di immenso amore per il prossimo e soprattutto per i tanti giovani verso cui ha dedicato la sua opera educativa. Sarà stato accolto dal Padre con lo stesso amore che ha rivolto a tutti quelli che ha conosciuto».
Il 6 maggio 2011, dopo alcuni anni di malattia che ne segnarono profondamente il fisico, il barnabita spirò all’ospedale di Cisanello a Pisa, dove si trovava dal Sabato Santo. L’ultima volta che i fedeli ebbero modo di vederlo fu il Giovedì Santo, dove ebbe modo di concelebrare insieme agli altri Padri la sua ultima Santa Messa, durante la quale tradì nella voce tremolante tutto il suo dolore fisico. A fronte dello smarrimento dei fedeli per la triste notizia, il parroco Padre Giovanni Battista Damioli ebbe modo di ricordare come subito dopo la morte abbia inizio la vita eterna, come ci insegna la Risurrezione di Gesù Cristo. Le esequie si celebrarono in S. Sebastiano, presiedute dal Padre Generale Mons. Luigi Villa, insieme al parroco, Padre Damioli e i confratelli barnabiti venuti dalla provincia del Centro-Sud ed alcuni sacerdoti della Diocesi di Livorno. Il Padre Generale durante l’omelia ringraziò il Signore per aver donato un servitore di Dio dalla vita piena, vissuta sin dall'adolescenza vicino ai Barnabiti: sessantacinque anni di vita religiosa e cinquantacinque di vita sacerdotale. Padre Giovanni, fu anche assistente spirituale alla clinica «Villa Tirrena» a Livorno, dove tutti i giorni celebrava Messa e dava conforto ai suoi malati e sostituto cappellano alla Casa Circondariale delle «Sughere» per un breve ma intenso periodo che lasciò per sempre il segno nel suo cuore. Non mancò infatti di fare visita al penitenziario negli anni seguenti, continuando a celebrare Messa al sabato pomeriggio o alla domenica mattina, dando vita all'attività per il carcere del gruppo del Rinnovamento nello Spirito. Tra le parole pronunciate durante la Messa di saluto, ricordiamo quelle di monsignor Razzauti: «è stato una presenza silenziosa e preziosa dedita all'ascolto, un uomo di cultura che si è spogliato di parole di cultura e vestito di parole di semplicità». E la testimonianza di una parrocchiana, Irene, che ha preso la parola a nome del gruppo degli animatori: tra i molti ricordi, esternati con grande commozione, è emersa l’immagine di «Caldi» (nomignolo affettuoso con cui veniva spesso appellato dai giovani più scanzonati) durante la Santa Messa della domenica sera: le sue parole erano tanto sussurrate nella lettura del Vangelo, quanto urlate e tinte di passione durante l’omelia, dove spiccava tutta la sua assertività e la voglia di entrare nei cuori dei fedeli. E ancora, durante la confessione, ministero esercitato con profonda dedizione sino alla fine dei suoi giorni, come una spugna assorbiva il dolore ed il pentimento dei fedeli, riservando sempre belle parole di conforto e infondendo speranza e «coraggio». La salma è sepolta nel cimitero di famiglia a Marnate nei pressi di (Varese).